Recensioni 2025
1)Jimmie Moglia,
Shakespeare in pictures –
The Psycology
and Magic of Memory-2024
(by Jimmie Moglia, Amazon Italia Logistica srl)
2)Claudio Papini, L’Attualismo (2023 II Ed. – De Ferrari
Editore)
“ “
“ “ Elementi di Filosofia della Scienza
(2024 De Ferrari Editore)
3)Alberto Rosselli, L’Epopea degli Esploratori Austro-tedeschi
in Persia, Afghanistan
e Penisola arabica
Jimmie Moglia su Shakespeare
(Day salad of
Jimmie)
Quando gli Autori hanno all’attivo tanti
libri e conferenze si permettono qualche sorriso autobiografico: ecco perché
nel retro della cover, come preferisco definire la quarta di copertina, Jimmie,
vegano (e per tutti coloro che si professano tali è una filosofia di vita),
fotografa la sua insalata.
Jimmie di cui trovate recensioni ai suoi
libri disseminate in questa pagine del sito e anche
nel precedente su wix, è nato a Torino, ha studiato a Genova diventando
ingegnere e in quel periodo amava anche esibirsi e cantare con Giorgio Gaber. Poi
si è trasferito a Portland dove vive da più di cinquant’anni. E’stato PhD (“Dottore in Filosofia” locuzione anglosassone
che indica il formare alla ricerca di alto livello e all’insegnamento
universitario); ha
fondato una compagnia di computer.
In una rimpatriata a Genova per
presentare nel 2011 alla Biblioteca Berio il “Nostro Dante Quotidiano- 3500
modi di cavarsela con Dante” (pubblicato grazie alla Regione Toscana) mi disse
che Portland gli sembrava un po’ carente come cultura.
Da allora sono passati più di vent’anni
e i cambiamenti sono rapidi ad arrivare. Può essere un poco anche grazie ai 500
saggi su eventi e personalità
contemporanei o alle 80 ore di video dell’Autore trasmesse alla
Portland Tv e al Portland College.
Scrive di sé nell’introduzione a questa
nuova opera stampata
dalla Amazon Italia Logistica srl:
“Confesso di non essere un accademico anche se ho un dottorato di ricerca in
Ingegneria Elettronica. Dal punto di vista del mondo accademico letterario mi
qualificherei come un “maude meccanico” che lavorava per il pane sulle mura
ateniesi. Inoltre sono lontano dal “pomp” che batte sulle importanti coste del mondo, di
conseguenza mi manca l’ossigeno della pubblicità”. Detto questo specifica che
il suo forzo è stato la creazione del primo ed unico Dizionario situazionale
shakesperiano completo ed intitolato.
“Daily
Shakespeare – afferma ancora – è un arsenale di armi verbali per guidare i tuoi
amici in azione e i tuoi nemici nella disperazione” E ancora: “Imparare a
suonare uno strumento musicale richiede metodo e un compositore su cu
esercitarsi. Con la memoria il metodo è il “Mnemonic
frames” e il compositore sulle cui parole praticare è Shakespeare “forza e anima” della lingua inglese. Questo titolo “Mnemonic frames” significa collegare un pensiero o una
citazione ad un’immagine il che permette di ricuperarli più prontamente con la
memoria.
Con queste parole che indicano pure il
profondo amore dell’Autore per la sua ricerca linguistica rimando alla lettura
del testo aggiungendo come ci spiega Jimmie che l’apprendimento attraverso
l’aggiornamento offerto da Internet deve avvenire come “un intelligente gioco grafico”. Diceva per l’appunto Shakespeare: “Non
si ricava nessun profitto se non c’è piacere nel farlo” (No profit grows where is
no pleasure taken”.
Prof. Claudio Papini
“La comprensione della filosofia richiede in precedenza
cognizioni, elementari di teologia e fisica, storia e biologia, estetica e
letteratura, tutto un materiale che via via vien macinato al mulino del
filosofo”.
Queste parole inserite in un libro del Prof. Claudio Papini
indicano come sia arduo per chi non ha più seguito studi di filosofia dopo il
liceo recensire i suoi libri pur se scritti con cartesiana chiarezza, però ne
do ora alcune indicazioni.
L’Attualismo
E’ del 2023: nasce come i precedenti testi
dalla collaborazione di Claudio Papini con l’Editore Gianfranco De Ferrari per
cui è diventato direttore della collana “Amici del Libero Pensiero”. De Ferrari
nato nel 1937, fondò l’omonima casa Editrice nel 1985 poi diventata anche Fondazione
culturale onlus con una produzione annuale di 80 titoli ed un catalogo di circa
1000 volumi pubblicati. Nel 2006 con la Fondazione Sorriso Francescano avviò un’attività parallela rivolta al
sociale con la sigla De
Ferrari & Devega – Edizioni musicali. La Fondazione custodisce l’Archivio di
Edward Neil già musicologo di fama internazionale.
La collaborazione di Claudio Papini con De Ferrari inizia nel
1968 con la pubblicazione di “Marx” di Ernst Ingmar Bergman, il Professore ha una lunga esperienza didattica nei Licei
genovesi, sia il Colombo che il D’Oria. Per De Ferrari la sua ultimissima opera
è il commento a Pietro
Murra, Genova nel Risorgimento (pensiero e Azione) e dai suoi libri c’è sempre moltissimo
da imparare.
Vengo in tema a L’Attualismo che ho citato nella pagina del mio
sito “4 fiori” associandolo al papavero anche perché l’introduzione inizia
raccontandoci del liberale Novello
Papafava de’ Carraresi. Questi nel ‘1922 scriveva che la
guerra del 15/18 era stata la fine dell’umanesimo, in quanto aveva sconfitto la
civiltà nata dal Rinascimento, umanistica e illuministica. La Chiesa cattolica
“depositaria di una morale assoluta ed erede della tradizione
aristotelica-tomistica ne era un’avversaria irriducibile”.
Il pregio della scrittura del Professore si rivela in aneddoti o
in questo incipit nel ricordare alcune canzoni che divennero cavalli di
battaglia di Achille
Togliani
nel 1920 ma mescolandole insieme ci colpisce con “nel 1919 vestita di voile e
di chiffon… riparammo per la pioggia in un portone”. E il colpo di genio o il
sottile umorismo è il riunirle anche a “Signorinella pallida, dolce dirimpettaia
del quinto piano”. Si crea un’atmosfera romantica che rende sopportabile il
ricordo della guerra. Gli avvenimenti essenziali di questa e di ciò che ne
provocò lo scoppio sono indagati con assoluto rigore. Tutto questo per portarci
a riflettere sul fatto che realismo
e idealismo sono
accomunati dalla
realtà che diviene.
E così siamo condotti come per mano a capire che l’attualismo “la legge dell’uomo”
ci dice “pensa” ed è rivolta a ciascuno di noi perché nel “nosce te ipsum”
consiste la suprema legge etica dell’uomo.
Non solo: anche per la tecnica la suprema legge etica è
“pensare”, conoscere se stessi come volontà di
potenza. L’evidenza del divenire può essere assimilata all’esperienza che si
traduce nell’atto del pensiero e questo è trascendentale. Tale evidenza porta
sulle spalle – come conclude il Prof. l’intera storia del mondo. Bisogna però
arrivare a “pagina 38” per capire bene il titolo del libro, perché
richiamandosi a Gentile il Prof. ci spiega che la posizione
estrema dell’idealismo può anche essere chiamata idealismo attuale o
attualismo.
Da notare la bella cover di Nicola Ottria, in cui Giovanni
Keplero
difende la madre dall’accusa di stregoneria, realizzata a Genova nel 1970. E
qui si scopre anche un’altra freccia all’arco di Papini: è un appassionato ed
intenditore d’Arte e Ottria è un artista nato a Genova nel 1943 le cui opere
sono passate in asta ben nove volte. Ne allego l’immagine perché sembra di un
antico profeta.
Elementi di filosofia della scienza
Penultimo testo di Papini ha di nuovo la cover di Ottria.
Ma prima di entrare nel merito del testo mi soffermo un
attimo su Edward
May, l’Autore
cui Papini dedica questo libro e traggo alcuni spunti del retro della cover che
parla di lui. Nato Nel 1905 a Mainz e
morto nel 1956 a Berlino, è stato un biologo tedesco, teorico della scienza
(epistemologo) e filosofo della natura, interessato anche alla zoologia per cui
ottenne il dottorato di ricerca presso l’Università di Francoforte. Nel 1942
lavorò Presso l’Università di Monaco e non fu arruolato dalla Wehrmacht causa
la sua sofferenza cronica ad un orecchio. Però riuscì a servire il suo Paese
nella Seconda guerra mondiale perché nominato capo del Dipartimento di
Entomologia per la ricerca scientifica della Difesa. Si occupò delle cause del
proliferare dei topi nelle fogne dei campi di concentramento e sviluppò nuovi
antidoti contro l’infestazione di zanzare specie quelle che trasmettevano la
malaria. Partecipò a progetti di guerra biologica fu imprigionato nel 1945 ma
rilasciato perché il suo lavoro scientifico era stato ritenuto valido solo
nell’intento di combattere gli insetti e si era rifiutato di fare esperimenti
sugli esseri umani. Nel 1947 fu testimone ai processi di Norimberga. Ma
l’aspetto di questo eccezionale ricercatore così come presentato da Papini,
l’aspetto che più mi ha fatto entrare in sintonia è stato il suo aver condotto
ad inizio carriera ricerche sulle libellule presso il Museo Seckenberg.
Penso che in natura le libellule siano l’essere più ricco
di grazia del creato più ancora delle farfalle perché la loro presenza è anche
accompagnata dal suono delle ali. E’ come se
suonassero per noi.
Ricordo personale:
ritorno con la memoria a quei piccoli libri che mio padre
mi leggeva da bimba e tra questi c’’era la “Signora Brucatutto” che parlava appunto della
trasformazione e nascita di una leggiadra libellula. E - sorpresa – andando su Internet
ho trovato che quel libricino fu edito per la prima volta nel 1940 ed oggi è
diventato oggetto di antiquariato al punto che su un sito viene venduto a 250
dollari. Un libro per bimbi di quel valore!
Allego l’immagine nata dall’immaginazione degli
illustratori Monti e Iolanda Colombini
Grande merito di Papini è riportare alla
memoria personaggi del passato dalle vite interessanti e che ancora ci possono
insegnare.
La prima edizione è del 1951 e nel 1961 è
approdato a Genova con il titolo Forze geometriche, testo curato da
Papini per De Ferrari.
Il testo è riccco di spunti o frasi su cui
riflettere, come “Nessuna constazione
sperimentale è in grado d’imporre una data geometria”, opp. “Il principio del
pensiero non è in nessun modo un dato, ma un’origine”, o ancora:”La libertà di
scelta non vale solo per la geometria, anzi si può far valere in tutti i
problemi fondamentali della ricerca scientifica”, o riguardo ‘L’induzione’ che
si può intendere come salita dal particolare all’universale mentre la deduzione
sarebbe la discesa dall’universale al particolare: però le cose sono in realtà straordinariamente sviluppate e complesse”.
Tanto su cui riflettere e la conclusione è che non si può concepire una rappresentazione
chiusa del mondo.
In conclusione:
“Filosofare significa lavorare intorno a dei
problemi, precisamente quelli che sono riservati al pensiero puro e le scienze
particolari con i loro strumenti e metodi non possono afferrarli”.
Alberto Rosselli
E’ giornalista e storico ed ha il merito
di farci conoscere scenari di guerre e di popoli anche lontani da noi.
Ho recensito alcuni suoi libri e per questo allego la cover e
non recensisco perché come il Papa penso che le guerre siano sempre una
sconfitta per tutti.
Però mi piace ricordare quando conobbi Rosselli: alla Crociera sul Po organizzata da il Giornale. Me lo ricordo a
Venezia, in piazza
San Marco quando ci parlammo per la prima volta ed allora, pur molto
giovane collaborava già ad illustri riviste. Allego sotto la cover il mio
resoconto su quella Crociera che aveva lo scopo di far conoscere tra loro
persone con gli stessi ideali, quelli difesi e divulgati da il Giornale di Montanelli.
Gli accompagnatori erano Gianni Granzotto e Giorgio Torelli
definito il giornalista più amato dagli italiani.
Rimando ad altra pagina del mio sito dove ho commentato
sempre di Rosselli La Caduta dell’Impero Ottomano e dove sono ben tre immagini dell’Autore tra cui una solare mentre si rilassa e ride.
Crociera sul Po.
Non
molto dopo la nascita de Il Giornale, il 25 giugno 1974, Montanelli
venne a Genova alla Fiera del Mare per un incontro con i lettori ed ebbe un
bagno di folla. Non potei andare. Mio
marito mi raccontò di aver incontrato due sposi che, avendo la casa piccola,
tenevano tutti i numeri di questa testata impilati sotto il letto. Hegel definì
i quotidiani “preghiera del mattino dell’uomo moderno” e del nostro i due
sposini avevano fatto così un grande breviario.
Nel
maggio 1976 ci fu il terremoto del Friuli e i miei tre bambini ruppero i
salvadanai per portare l’importo a Luigi Vassallo, primo caporedattore delle
pagine genovesi. Era ad accogliere di persona la gara di solidarietà e diede un
buffetto al più piccino.
Quando
Il Giornale lanciò i primi viaggi,
occasione per conoscere, ma anche per conoscersi tra lettori e con fior di
giornalisti come accompagnatori, decidemmo d’andare. Il motivo più importante,
per me, far capire ai figli, nel ‘79 tra gli otto e i dodici anni, che qualora
avessero incontrato insegnanti politicizzati, potevano guardare al Paese con
amore e in modo non fazioso come attraverso le parole dei nostri
accompagnatori: Gianni Granzotto e Giorgio Torelli. Trent’anni fa, ad
accompagnarci sulla motonave Stradivari, anche il liberale d’idee Bruno Lauzi,
le cui canzoni sono un amore grande per la vita.
Chiedo
oggi ai figli, a loro volta genitori, cosa ricordino del viaggio. Il più
piccolo mi risponde da Torino: “Ah la hostess, Carla! Devo avere la sua firma
conservata da qualche parte”. Carla era una storica segretaria de Il Giornale. La figlia maggiore, da
Milano, ricorda l’hotel dove pernottammo a Venezia: L’Ile des
Bains, il primo bell’albergo da lei conosciuto. Il mediano, anche lui da
Milano, mi dice: “Giocavamo a sette e mezzo, che è un gioco d’azzardo”.
A
quel tavolo-“bisca”, a presiedere i giochi con tre
bimbi, i miei due maschietti ed un altro dell’età del mediano, Bruno Lauzi,
divertendosi assai e come un perfetto baby sitter! Sarà stato un gioco
d’azzardo con lo spirito del ruba-mazzetto, quello che credevo stessero
praticando. Lauzi era sempre con i bimbi
o solitario a prender sole sul ponte.
Nella
prima serata ci era entrato in cuore, scaldando l’atmosfera con le sue musiche
e la sua voce speciale, inframmezzando con barzellette sui nostri “tic”
caratteriali, di piemontesi, liguri, napoletani..., tutta un’Italia. Con mio
marito passeggiavamo sul ponte, e qualcuno ci gridò: “Lauzi sta dedicando una
canzone a voi, i due genovesi mano nella mano”. Riascoltammo, commossi, “Ma se ghe penso”.
Granzotto,
che fu presidente della RAI, in Tv aveva spiegato la politica estera creando
una moda con l’impugnare la penna a sottolineare le parole. Sul Po, per
timidezza (ce lo disse Carla), sfuggiva, rintanato in cabina, ma nelle pause
dopo i pasti ci intratteneva con chiarezza eccezionale sui grandi temi politici
e sociali del momento.
Ad essere assediato dai
croceristi, Giorgio Torelli. Ci raccontava di Marcello Candia, l’industriale
che curò i lebbrosi e del progetto di costituire una Fondazione a suo nome, di
cui poi è stato primo presidente. Torelli salì a bordo a Mantova, per me era un
mito avendolo seguito su Grazia, la
rivista femminile cui fin da ragazzina mi aveva abbonato Pina, la zia madrina.
Avevo letto del suo viaggio di quasi un mese su un Piper, con pilota un
missionario Saveriano, per consegnare il primo Presepe per la chiesa congolese
di Uvira con statuette in gomma antitermiti.
Su Il Giornale, nella rubrica “Cosa Nostra”,
era ormai di famiglia.
Ritrovo un suo articolo “L’Omone che teneva gli alberi in pugno”.
Vi scrive di un dottore in scienze forestali che gli dice: “Da sei mesi, lei è
mio fratello”. Spiega che lo legge dal primo numero del Giornale per concludere: “Mi considero - qui in Cadore – alfiere
della più coraggiosa bandiera di carta che si sia alzata sulle rovine italiane.
Lei non è forse parte della bandiera? Non è lei che dedica le sue colonnine ai
solitari che resistono ai tempi? Ebbene, io la leggo e mi sento rappresentato.
Lei è dunque mio fratello”. E’ il significato de Il Giornale di ieri e di oggi.
Di quel viaggio ho un
grato ricordo per il giornalista Nicola Fudoli: a
Venezia quando ci smistammo su due degli ordinari traghetti, il figlio più
piccolo mi sfuggì correndo sull’altro. I parapetti dell’imbarcazione, con molto
spazio vuoto tra i bordi, m’intimorirono ché senza sorveglianza non finisse in
acqua. Fudoli mi gridò: “Tranquilla, ci penso io”!
Maria Luisa Bressani
Chiudo
con questo amarcord, grata a il Giornale di cui poi
divenni collaboratrice alla pagine di Genova quanto sia stata importante la sua
opera di formazione e di senso civico. E concludo allegando l’immagine di
Giorgio Torelli con il più piccolo dei miei figli, Edgardo, in quella Crociera
che ritenni educativa appunto anche per i figli.
Inserisco ora un commento del
giornalista Giorgio Torelli su San Orione e questo per due motivi:
-i giovani spesso non sanno
chi sia stato il Santo;
-ci sono calendari e sillogi
con il ricordo dei Santi però proprio il giornalista Torelli che sulle pagine de Il Giornale teneva la rubrica “Cosa Nostra” tanto cara a moltissimi
lettori per il fatto di ritrovarsi in quelle cronache familiari di sentimento e
humour, sa trattare anche gli argomenti di fede in modo da penetrare nel cuore
del lettore.
Da Giorgio Torelli:
‹‹Sulle storie degli uomini
giudicati santi – cioè intrepidi nell’amare gli uomini – c’è da riflettere. Don
Orione, di cui lei avrà sentito parlare, oggi avrebbe cent’anni (era nato nel
1972). Troppi, dirà lei, per capire il nostro tempo. Oggi tutto si brucia così
in fretta, le idee, le ideologie, le impennate e le rivoluzioni di maggio.
Cos’ha mai da dirci quest’uomo con i capelli a spazzola e il colletto da prete?
‹‹Vede quest’uomo che
sorride, ha lanciato proprio adesso un sasso contro le vetrate della sua quiete
spirituale, gentile amico. Non se n’abbia a male. Quest’uomo, mentre lei legge
le righe, sta insidiandola da vicinissimo. Come se ci fosse. Egli domanda – lui
che l’ha fatto a tempo pieno – una sua partecipazione immediata, di getto, alla
rivoluzione. Intendiamoci: all’unica rivoluzione che abbia un senso, la sola
che si fondi sulla verità: quella di Gesù Cristo. Poiché altre non ce ne sono.
‹‹Orione le fa considerare
questo, in pratica: il mondo può essere cambiato dai rivolgimenti politici, dai
guelfi e, insieme, dai ghibellini. Ma i tempi politici sono sempre lunghi e
intanto gli emarginati crescono, le belle cause subiscono sempre rinvii.
L’umanità spesso non aspetta che questo. E’ così che
riesce facile ignorare chi ha fame, sete, dolore, strazio. A chi è nella
tenaglia del dolore, la società può comunicare burocraticamente: continuate con
pazienza a soffrire, un giorno si farà la rivoluzione capace di salvarvi.
‹‹Vede, ora, chi fu don
Orione, figlio di uno spaccapietre
piemontese ex garibaldino? Fu un cristiano che la sua rivoluzione la fece
subito. Che provò fortemente a dissodare la Terra senza concedere deleghe ma
impegnandosi di persona. C’era un destino di famiglia, si vede. Questo prete in
fondo si occupò sempre di pietre, non se ne scordò un giorno solo: muri di
pietra dell’indifferenza da abbattere a spallate, appelli perché fossero
portate pietre nuove alla sua causa, macigni d’incomprensione tenuti con letizia
sul cuore. Non le abbiamo forse detto prima che questo centenario don Orione
sta tirando un sasso, ancor oggi e con tanta forza, proprio a lei che neppure
conosce?
‹‹ Orione – ci creda – si scusa di
farlo. Ma anche chi, come lui, ha perfino respirato in nome della carità, non
ha mai mancato d’un obbligo: quello d’imporsi con la violenza dell’amore alla
considerazione dei silenziosi, degli inadempienti. Diciamo meglio: dei non
ancora mobilitati. Orione – ecco il senso di queste righe – chiede anche a lei
di diventare un rivoluzionario infiammato. Di unirsi a ciò che lui stessi ha
fatto e i suoi uomini e donne continuano a tenere saldamente in piedi. Di
compiere lei pure, ordinato nella sua esistenza, un gesto sovversivo,
contestando le sue abitudini. Forse lei è anche meglio di don Orione. Dio può
saperlo. Ma se non lo fosse, se avvertisse l’urgenza di dare, perché negarsi?
Questo foglio così
leggero, in realtà è un
manifesto per mettere in crisi, oggi stesso la sua indifferenza al paesaggio
del dolore: il suo non aver visto un bambino solo, un vecchio ammalato, un mutilato
nel fiore degli anni, un cucciolo d’uomo diverso da quelli che corrono, ridono,
parlano e vanno a scuola saltando, col grembiulino bianco.
‹‹Don Orione lo sapeva e ha
provato a fare la sua parte. Non vorrebbe dargli una mano, subito, come fosse
vivo? Perché vivo è: ci sono le sue opere, gli uomini della sua congregazione
che non cessano di battersi››.
Terzo motivo
per cuio ho allegato questa immagine è perché Torelli è stato amicon anche di Don Pino Zambarbieri, terzo successore di San Orione e don
Pino che chiamai zio fin da bimba è stato un tempo un poco la mia guida
spirituale e conservo alcune delle tante cartoline che mi spediva dai suoi
viaggi nel mondo presso l’Opera della Divina Provvidenza, proprio come un tempo
faceva il Santo con i tanti allievi dell’Opera.