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Rino Di Stefano – Il caso Majorana – Pelizza
(One Books, 2022 – Quantico Media Group
Srl – Torino)
www.rinodistefano.com
sito del giornalista-scrittore su cui si trovano anche tutti i suoi articoli pubblicati in questo
libro
Rino di Stefano
In
questo libro vi è una citazione da Agatha Christie, la regina del giallo: “Una
coincidenza è un caso, due coincidenze sono un indizio, tre coincidenze diventano
una prova”. E niente è più in sintonia con l’intricatissima vicenda che
riguarda la macchina messa a punto da Rolando Pelizza, la cui storia – un vero
e proprio giallo ricco di coincidenze- è ripresa e raccontata con nuovi
particolari e documenti dallo scrittore e giornalista Rino Di Stefano. Come dei
gialli di Agatha prima ancora dei titoli di ciascun testo si ricordano i due
investigatori Poirot e Miss Marple anche in questo caso risalta il detective Rino
Di Stefano.
Prima
di addentrarci nella storia, un sommario profilo dei tre protagonisti iniziando
proprio da Di Stefano e da ciò che dice di sé nel primo capitolo.
Rino
lasciò il Giornale nel 2008, anche se con un contratto di collaborazione
in esclusiva, per prepensionamento, perché diventato addetto stampa per la
Liguria di Claudio Scajola appena nominato Ministro dello Sviluppo Economico.
Ricevette il 3 gennaio 2009 una mail di Enrico M.
Remondini che aveva letto il suo saggio di cronaca sul caso Zanfretta e voleva
rivolgergli alcune domande. Il libro di Rino sul metronotte che sosteneva di
esser stato rapito dagli alieni risaliva al 1984 e Rino che da scrupoloso
giornalista si occupa di fatti cita un’inchiesta dei carabinieri che avevano
accertato la presenza di 52 testimoni oculari di un grosso disco volante luminoso
là dove Zanfretta sarebbe stato “rapito”. Quel libro di Rino è giunto alla sesta edizione e nel 2014 ha
avuto la prima edizione internazionale in inglese.
Ma questo argomento interessava a Remondini solo per
introdurre un altro caso che gli stava a cuore: nel 1999 aveva lavorato per la Fondazione Internazionale Pace e Crescita
di Vaduz nel Liechtenstein che
disponeva di una tecnologia fantastica: macchinari in grado di smaltire rifiuti
solidi urbani, rifiuti liquidi organici, rifiuti tossici e perfino scorie
radioattive. Quelle macchine chiamate Zavbo potevano compattare
rocce instabili, distruggere rocce pericolose, scavare gallerie nella roccia,
ecc.
Remondini lasciò a Rino un dossier voluminoso in
cui si parlava anche di una scoperta eccezionale in anni 1958-60 che portava
alla realizzazione di condutture senza alcun assorbimento di energia e nel
campo delle comunicazioni a trasmissioni perfette senza l’ausilio di satelliti
a qualsiasi distanza.
Fantascienza? E oltre tutto Remondini per alcune domande
che gli pose Rino era chiaro non avesse mai letto il libro su Zanfretta che era
stato il suo escamotage per presentarsi al giornalista.
Rino fece ricerche sulla Fondazione appurando che
si era costituita nel 1996 a Vaduz versando un capitale di 30mila franchi
svizzeri, cioè la quota che il Liechtenstein chiede per costituire una società
sul suo territorio.
Il 6 luglio 2010 alle pagine 8 e 9 dell’edizione
nazionale venne pubblicato sul Giornale il primo articolo del Di Stefano su questa “nuova invenzione tecnica”,
con titolo “Il mistero dell’energia gratuita che ci tengono nascosta” Alcune
righe in corsivo spiegavano: “Marconi ideò un raggio che fermava i mezzi a
motore. Mussolini lo voleva, il Vaticano lo bloccò. Da quelle ricerche altri
scienziati creavano l’alternativa al petrolio nucleare. Nel 1999 l’invenzione
stava per essere messa sul mercato, ma poi tutto fu insabbiato”.
Nell’articolo queste parole che si commentano da
sole: “Da qualche parte sulla Terra oggi c’è qualcuno che nasconde il segreto più
ambito del mondo, cioè la produzione di energia pulita a un costo prossimo allo
zero”. In una colonna di spalla a destra l’intervista a Enrico Remondini che
aveva innescato l’intera storia con il dossier affidato a Rino.
Per semplificare il giornalista definisce la
scoperta “il raggio della morte” e ricorda che Marconi aveva inventato un
raggio elettromagnetico in grado di bloccare qualunque motore dotato di
impianto elettrico, lo mandava infatti in corto circuito provocandone l’incendio.
Ma lo scienziato temendo di poter essere ricordato con questa scoperta come “colui
che aveva provocato la morte di migliaia di persone” preferì piuttosto essere considerato
l’inventore della radio. E gli scienziati che inventano e creano hanno anche la
facoltà di non brevettare le loro scoperte, di non divulgare le formule se
ritengono che possano essere di danno all’umanità. Marconi con quel suo raggio
aveva incendiato due aerei che si trovavano a due chilometri di distanza ad
Orbetello.
Lo stesso dilemma attanagliò Rolando Pelizza che
mise a punto una
macchina capace di annichilire la materia, riscaldarla e trasmutarla.
Pelizza titolare di un avviato calzaturificio a
Chiari (provincia di Brescia) si recò per il suo lavoro in un monastero di clausura
del Sud Italia e lì conobbe un signore chiamato dai frati “il professore”. Questi
lo prese a ben volere e ne fece il suo allievo insegnandogli concetti della “nuova fisica”. Questo “professore” si rivelò essere Ettore Majorana, che aveva
operato all’interno del gruppo di fisici noto come “i ragazzi d via Panisperna”.
Si era laureato in fisica teorica sotto la direzione di Enrico Fermi. Majorana,
penultimo di cinque fratelli, era nato a Catania nel 1906 e scomparve il 25 marzo
1938 a 31 anni dopo un viaggio da Napoli a Palermo ove si era fermato un paio
di giorni. In quell’ultimo periodo di intenso studio (il viaggio gli era stato
consigliato al fine di riposarsi) aveva fatto domanda per ritirarsi presso un
paio di monasteri. Le sue opere più importanti hanno riguardato la fisica nucleare,
la meccanica quantistica relativistica con particolari applicazioni nella teoria
dei neutrini.
Pelizza affermò di essersi incontrato con Majorana
nell’Eremo di Serra San Bruno in Calabria che dista da Chiari 1200 chilometri,
cosa un po’ improbabile dato che ha ammesso con Di Stefano che il convento dove
s’incontravano era in realtà l’abbazia della Certosa Monumentale di Calci a
Pisa e Chiari dista da Pisa 310 chilometri. E solo in un secondo tempo Majorana
sarebbe stato trasferito nell’Eremo di Serra San Bruno. Entrambi i conventi
appartengono all’Ordine monastico dei certosini. Il priore Padre D. (Di Stefano
da buon giornalista usa i cognomi puntati per non rendere accessibile l’identità
cosa che potrebbe non esser gradita alla persona di cui si scrive) ritirandosi
in un villino del Centro Italia si sarebbe portato dietro una vistosa
documentazione relativa al soggiorno di Majorana in convento. Con il religioso
non si riesce a comunicare e si può farlo solo servendosi di un canale a conoscenza
di pochi suoi fidati amici però è anche buon amico degli Stati Uniti e ancor
oggi partecipa a riunioni con esponenti del governo Usa. Sì, perché in questa
intricatissima vicenda che riguarda il Pelizza, appaiono ingerenze fortissime della
CIA o comunque USA al fine di non
divulgare la sua scoperta. Non solo tra le persone che in primis vollero sondare
la sua macchina (ossia quella di Majorana ma messa a punto da lui) figurano
politici come Andreotti, il cantante Bocelli che si appassiona alla sua vicenda
e altri illustri tra cui una trasmissione su Voyager di Roberto Giacobbo.
La macchina che è la vera protagonista del libro
prima ancora delle persone ha diverse fasi di funzionamento: produrre energia
infinita a costo zero, trasmutare la materia (un esperimento riuscito ha riguardato
la trasformazione di un blocco di polistirolo in un blocco d’oro conservandone
volume e forma), trasferire persone ed oggetti nel tempo e nello spazio
facendole poi ritornare al punto di partenza originale e infine – udite, udite!
- il potere di ringiovanire un corpo di dieci, venticinque, trenta o settant’anni
mantenendo però intatti i suoi ricordi.
Questa ultima funzione- davvero fantascientifica –
è stata corroborata dall’esperimento di riportare un cagnolino vecchio e malandato
all’età di un anno. Il cagnolino era stato educato a saltare attraverso cerchi
e ritornato all’età di un anno lo fece di nuovo.
A questo punto – scrive Di Stefano – è lecito
domandarsi se Majorana stesso abbia fruito di questa possibilità di ringiovanirsi
però c’è una foto dove compare Pelizza che è visibilmente un uomo anziano con
un Majorana davvero giovane e che è stato fatto credere “figlio di Majorana”
per la totale rassomiglianza. Vedi foto del 5 agosto 1996 che allego e che è
stata fatta periziare dove appare Rolando Pelizza con Ettore Majorana – un giovane
Majorana mentre a quell’epoca avrebbe dovuto avere 90 anni.
C’è un momento affascinante di questa storia quando
ad interessarsi della macchina costruita da Pelizza sono appunto il governo
italiano ma soprattutto gli Usa e Bruxelles. In quel momento però Pelizza si
rende conto che la macchina vorrebbero usarla per scopi bellici, quindi,
rifiuta e la sua scoperta viene battezzata come “raggio della morte”
Ci sono gli esperimenti anche al Politecnico di Milano
ci sono “i rifiuti” come quello con Antonino Zichichi che dice chiaro e tondo
che la tecnologia promessa dalla macchina è impossibile.
Però questo libro, che non annoia mai, che si
svolge a successivi colpi di scena, resta così interessante da non riuscire a staccarsene.
E Di Stefano da buon cronista indaga e scarta anche altre piste sulla scomparsa
di Majorana come un suo ritiro in Sud America o in Germania perché da giovane
avendola visitata aveva espresso un apprezzamento a favore dell’ordine che
Hitler vi aveva instaurato.
Ci sono altri libri sulla vicenda Pelizza come la
sua biografia scritta da Alfredo
Ravelli con titolo Il dito di Dio, che poi venne
cambiato in Il segreto di Majorana e ancora 2006: Majorana era
vivo!
C’è stato un film di Victor Tognola. C’è stato un Convegno “La fisica del terzo
millennio”, in California dal 5 al 10 giugno 2017 e un libro uscito in
contemporanea a cura degli organizzatori: Francesco Alessandrini,
ingegnere e docente di materie geotecniche all’Università di Udine e Roberta
Rio, storica austriaca di origini italiane, specializzata in Paleografia, Archivistica
e Diplomatica. Soprattutto ci sono stati moltissimi contrasti a tutte queste opere e
profonde ripercussioni sulla vita del Pelizza con minacce alla sua famiglia.
Dove sta la verità? E’ indubbio che un’energia a
costo zero farebbe crollare tutto il sistema economico mondiale. E’ indubbio
che se una balla di polistirolo si trasformasse in oro le riserve auree di Fort
Knox perderebbero ogni valore e l’oro diverrebbe solo un bellissimo ornamento.
E se davvero si potesse ringiovanire sarebbe del
tutto vera la “pietra
filosofale” che doveva far acquisire:
1) l’onniscienza cioè conoscenza del passato e del
futuro, del bene e del male;
2) trasformare in oro i metalli vili;
3) fornire un elisir di lunga vita per raggiungere
l’immortalità.
Eppure, su questi tre temi gli uomini hanno
continuato a spendersi e a sognare.
Ma segnalo anche cose concrete che ci hanno toccato
tutti come il passaggio dalla lira all’euro che fu vissuto come una tragedia da
molte persone ed un paio di pagine del libro sono dedicate a questo argomento.
Desidero concludere con un paio d’immagini che
riguardano Majorana in convento con un’aria rilassata e serena.
Concludo
ancora con una piccola riflessione: dobbiamo essere grati a chi con tanta
intelligenza ha aggiunto qualcosa al nostro sapere, alla nostra vita senza
precluderci confini perché la ricerca dell’uomo continua a procedere. E mi ha
colpito una frase di Majorana rivolta alla madre che vivendo in una famiglia
per quell’epoca benestante amava viaggiare e decantava Parigi. Il figlio le
disse: “E basta con questa Parigi”.
Ricordo
i tanti eremiti che scelsero una vita di ritiro e contemplazione per sfuggire alle
troppe vanità del mondo.
In
Pelizza, morto tra il 22/23 gennaio 2022 anche per la trascuratezza che aveva
per la sua salute, hanno creduto in molti e alcuni imprenditori l’hanno finanziato.
Mi piace inserire ancora questa foto in cui a Forte dei Marmi Andrea Bocelli canta per lui che è insieme
all’amico Antonio Taini l’Ave Maria di
Schubert, tanto amata dal cardinal Giuseppe Siri, così appassionato di musica da dire una
volta che l’intervistai: “Per fortuna che non ho seguito quella strada se no,
non avrei fatto altro”.