Come non iniziare a pubblicare l’attestato per il primo racconto pubblicato? Titolo: Le sedie (raccontava dell’attesa in ospedale a fianco di qualche malato su sedie che nella notte sembrano sempre più dure). Che gioia allora veder stampato il racconto!
E poi la vittoria del “Trofeo Sìlarus”: I premio per la narrativa nel concorso annuale della rivista e Italo Rocco, il direttore e fondatore di questa e presidente della Giuria, che viene a Milano dove abitavo in quel momento a portarmi di persona la medaglia d’oro.
Vengo a sapere da lui in quel dialogo che
è Preside di scuola a Battipaglia, che ha sette figli, che quando ha fondato la
Rivista Sìlarus ha chiesto ai Professori della sua scuola di scrivere un
saggio, un racconto, una poesia per Sìlarus ,e solo in
tal caso se fosse rimasto contento, avrebbe dato la qualifica di “ottimo” all’insegnante che aveva collaborato
impegnandosi.
Deceduto Italo Rocco ho continuato il
dialogo con la figlia Maria Paola e poi perché questa cara Amica (tale era
diventata per me) è stata stroncata precocemente da un cancro, ho avuto ancora
la soddisfazione di veder pubblicato dalla sorella che ora dirige la rivista e
l’ha portata a livelli sempre più alti la conferenza di Mario Cervi quando alla
Berio di Genova nel 2003 presentò le Lettere d’amore e di guerra dei miei
genitori, tra i dieci finalisti al Premio dei Diari di Pieve S. Stefano.
E ancora ho sul tavolino del computer in
bella evidenza il calendario di quest’anno, pubblicato da Sìlarus, sovrastata dalla foto del Professore e
che per ogni mese ricorda una bella città italiana.
Quindi inserisco l’attestato del Premio
Bontempelli e poi metterò il testo completo
e la prefazione al mio primo libro
pubblicato della poetessa a me allora sconosciuta Angiola Sacripante, che lavorava con
l'Editore Lalli. Ebbi anche una prefazione su Sìlarus (ormai rivista amica) e
una prima recensione su giornale, quella del Piccolo, perché mandai il libro
solo al giornale della mia città. natale.
Begonza fu anche premiata ad Agropoli
dove l’inviò l’Editore.
Nel 1978 fui segnalata al Premio Città di
Bobbio con il racconto “Bobbio per me” che mi guadagnò un elogio da mio zio Don
Pino Zambarbieri che è stato fatto beato.
Mi scrisse: “Altri avranno scritto cose
più dotte ma nessuno con tanto cuore e tanta umanità come te. Mi hai ricordato
la Bobbio degli umili della mia infanzia. Brava! T’immagino sulle orme di
Silone!”
Ora passo alle cose pubblicate perché ciò
che rimane inedito finisce in qualche cassetto e nessuno più lo ricorda.
Le copertine dei miei libri pubblicati
(iniziando dal più recente)
(ed esclusa la copertina de Il Mio Teatro
che figura
nella pagina con questo
titolo)
Le Lettere dei miei genitori furono
pubblicate nel 2003 da Lint Editoriale Triestina con allora Direttore Valerio
Fiandra, dopo che il manoscritto senza cornice storica (scritta brevemente da
me per inquadrare i vari capitoli) era stato nel 2002 tra i finalisti al Premio
dei Diari di Santo Stefano con un titolo da loro scelto e tratto da una frase
di mio padre a mia madre (era prigioniero a Saida) dell’epistolario stesso: “Tu
sei per me l'aria che respiro".
Nel Tempo ebbe la prefazione di Giorgio
Bàrberi Squarotti.
Inserisco prima le mie Tesi e poi i miei Saggi: tutte
ricerche.
I miei Saggi su Archivum
Bobiense (ABob)
Rivista fondata da monsignor Michele Tosi nel 1979, poi diretta
dal professor Flavio
Nuvolone, docente di Patristica a Friburgo.
1) ABob xxii,2000
Recensione a Frati Barocchi del Prof. Quinto Marini 2) ABob, xxiii, 2001 – 12
Anni di Storia dal Fascismo alla Liberazione (Selezione storica Lettere dei miei
genitori) |
|
3)ABob, xxiv, 2002 Festa
Malaspiniana tra Casanova e Ottone: I Malaspina |
4)ABob,xxv,2003:
Un futuro per i mulini di Valtrebbia dell’Autrice con Gisa Bagnara Mattrel |
5)ABob,xxvi,
2004, Forni e Pane (ins. Poesia da Fiera Letteraria -Consulenza Argo- del 25
luglio 1976: “Ho nostalgia di quel buon sapore di pane…”) disegni della pittrice Luisa Dassenno
Mambriani |
6)ABob,xxix,2007
Italo Londei disegnatore e pittore (è stato il fondatore della VII brigata GL
durante l’ultima guerra-questo il primo dipinto dopo la guerra: il Ponte Gobbo
di Bobbio)
7)ABob, xxx, 2008: Il CDF
Valtrebbia: quale futuro? (E’ stato il Centro
documentazione fotografica dal 1989 al 2008, 300 e più le foto d’epoca:
Lo strillone Valtrebbia: Pietra Parcellara e la
Perduca
8)ABob, xxxiii, 2011 Il
pittore Alberto Nobile con il ricordo di lui
del professor
Gianluigi Olmi
(Alberto è morto da più di
50 anni, la moglie Vanda ha 97 lucidissimi anni)
In Questione di Giustizia ho inserito
come ultima pagina un commiato al Lettore. In cui ricordo che alle medie vinsi un concorso
scolastico per tutta Genova, con titolo La vita all’aria aperta. E vinsi la
medaglia che allego. Quando iniziai a scrivere da giornalista al Giornale
(pagine di Genova) incontrai un caporedattore, ruvido ma saggio. Da lui imparai. Oggi so che mi ha
insegnato (l’unico che ha fatto ciò nel mondo del giornalismo pur con tanti
capi diversi). Però in quel tempo remoto quando “lo affrontavo” stringevo in
pugno la medaglia con la stella alpina. Una stella per darmi forza, per
scrivere sempre solo ciò in cui credevo.
E, caro lettore, te la mostro: ai giovani si rimprovera di voler
cambiare il mondo, ma se si resiste, qualcosina si fa.
E a proposito del qualcosina, questo aneddoto.
Dissi ad una nipotina
che aveva sui tre anni: “Vedi, qualcosa da grandi bisogna mettersi in
testa" ed alludevo allo studio, al conoscere di più e meglio. Mi guardò
perplessa e mi chiese: “Cosa nonna, il cappello?”
Mi chiedo se io non
sia stata e non sia ancora “una grafomane" perché in una cassettina di
liquori di quelle che arrivavano in dono a Natale, vuota ed elegante, ho
archiviato i miei inediti tra il 1977 e il 1982, poi scrivendo da giornalista per gli altri non ho più scritto
cose mie.
Li elenco ancora:
Leggende arrabbiate, Flash di luce, di sabbia, di pensieri (il mio
preferito), All’incrocio, Le frenetiche, morbide storie (riguardava gli animali
di casa), Pezzotti.
E il decimo libro
E la recensione su Sìlarus (che pubblicò il mio primo racconto) di
Lorenza Rocco
E ancora un commento del
professor Elio Varutti per cui conservo gratitudine perché quando anni addietro
presentai un mio libro alla Ubik di Trieste mi mandò la registrazione (mentre
io avrei perso traccia di quella giornata per me importante, dato che Trieste è
la mia città natale e la porto in cuore)
La
triestina Maria Luisa Bressani ha scritto un’autobiografia coi fiocchi, 2024.
Come mai Maria Luisa Bressani, nata a Trieste nel 1942, lavora e vive a Genova?
Perché la sua famiglia subì le violenze degli sloveni del contado e andò esule
in Liguria. Come migliaia di istriani, fiumani e dalmati, anche la sua famiglia
lasciò la casa avita cercando di costruirsi una nuova vita. Lo scrive a chiare
lettere a pagina 13 della sua "Autobiografia", fresca di stampa.
Quando sua madre si trovò a Trieste in difficoltà con la ruota della bicicletta
infilatasi nella rotaia del tram, anziché prestarle aiuto: “Un donnone, una
slava, l’aveva insultata ‘crodiga de un’italiana’, appellativo che significa
cotenna di maiale”. Per la Bressani erano “momenti turbolenti” che portarono
alla decisione dell’esilio. “Quando al 4 novembre papà espose la bandiera
italiana fuori del balcone, scesero alcuni slavi dall’alto di via dello Scoglio
e presero a sassate le nostre finestre, rompendo i vetri. Papà decise di venire
ad abitare a Genova, città simile a Trieste per il suo golfo”. Il clima era
teso finché il 26 ottobre 1954 Trieste, che era nel Territorio Libero
amministrato dagli angloamericani, ritornò a far parte dell’Italia, dopo molte
manifestazioni e scontri di piazza a favore del tricolore di Mameli.
Il volume della Bressani ha per sottotitolo un massima
in latino: “Res sint ut sunt aut non sint” (Le cose siano come sono o non
siano). Come spiega l’Autrice era il motto della famiglia Bresaugigg, conti di
Lucinico, cognome italianizzato in Bressani. Lucinico è
un paese vicino a Gorizia. Peccato che non ci siano poi altri
cenni genealogici nelle pagine successive.
Il testo, molto originale, contiene tutta una serie di fatti quotidiani vergati
dalla “penna pulita”, come fu definita la giornalista Bressani. Dopo la
descrizione dei suoi studi universitari e delle specializzazioni scientifiche è
un insieme di tanti nomi di giornalisti con cui entrò in contatto per lavoro.
Raccoglie alcuni articoli che la giornalista Maria Luisa Bressani ha scritto su
«Il Giornale», «Il Cittadino», «La Trebbia», «Corriere Mercantile», «Il Giorno»
ed altri giornali ancora. Ci sono pure i premi giornalistici che ha vinto nella
sua carriera invidiabile.
C’è infine tanta famiglia, dai nonni ai nipoti. È un gustoso scorrere di nomi e
di piccole fotografie per fissare la propria biografia con un tratto originale
scritto col cuore e con la testa. È un libro buttato giù
"raptissime", (molto in fretta, per la passione di scrivere) come
dicevano i dotti umanisti del Quattrocento, rischiando forse qualche mancanza
che verrà di certo perdonata dal lettore.
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